29 giugno 2010

SINDACATI COLPITI DAL FUOCO AMICO. SCAMBIO DI ACCUSE TRA CGIL E COOPERATIVE ROSSE

Da un'inchiesta del settimanale Il Nuovo di Parma, in edicola tutti i giovedì. Nell'occhio del ciclone è finita l'Italcarni di Carpi, che fa parte del gruppo Unibon; due stabilimenti a Langhirano messi in vendita. Critiche anche alla Proges arrivano dal piacentino.

A Pomigliano la Fiat sta riscrivendo lo Statuto dei Lavoratori. L’Unità parla di eliminazione del sindacato. Il ministro Tremonti punta alle modifiche della Costituzione per liberare le aziende dai troppi lacci e lacciuli che le soffocano (ruolo sociale dell’impresa) mentre il collega Sacconi piazza il nuovo testo sulle relazioni sindacali dopo quarant’anni dalla prima stesura. Colpa dell’assenteismo, delle inefficenze e della partita dell’Italia, morale Sergio Marchionne vuole che i 4500 dipendenti dello stabilimento campano diventino più flessibili e più produttivi. Come i polacchi che sfornano una Panda ogni 35 secondi. E vengono pagati 570 euro al mese.

Anche a Parma si stanno riscrivendo le relazioni sindacali, ma sono le cooperative a tracciare il segno in uno scontro tutto interno alla Casa del popolo che fa scricchiolare le fondamenta. Il primo, deciso, scrollone arriva dalla Flai Cgil che spara con grinta su Italcarni, colosso della macellazione, che vive in quel di Carpi. Controllata da una coopertiva rossa per tradizione, storia, vanto come Unibon. In una terra dove i neonati nascevano già con il pugno chiuso.

Ma il consorzio degli allevatori di suini mostra piedi d’argilla di fronte all’instabilità del mercato e annuncia, a brutto muso, la volontà di licenziare 43 dipendenti su 168 per sostituirli con lavoratori esterni. Motivazione fornita secondo copione: migliorare la qualità e l’efficienza dell’azienda.

Alla Flai Cgil non sventolano bandiere rosse, ma attaccano il presidente Gianni Mozzoni. Anche da Parma. Innazittutto perché Mozzoni ha la ventura, a Parma, di esserci nato, quindi perché è stato presidente dell’Istituto Parma Qualità difendendo, dal pulpito di quella carica, la filiera del prosciutto di Parma. “Lo abbiamo sempre ritenuto nostro alleato nella lotta contro le degenerazioni del mercato del lavoro nella macellazione nei prosciuttifici, non capiamo con quali intenti si facciano oggi tale scelte che rischiano di danneggiare tutto il settore”, scrivono in un comunicato. «Perché una cooperativa è un’azienda che deve stare sul mercato come tutte le altre», la lapidaria risposta del diretto interessato che aggiunge come Italcarni, per starci al meglio deve sottoporsi ad una cura dimagrante, che passa anche da una riduzione dei dipendenti. «Non c’è alternativa». Ma la Flai di Parma non accetta che il dio mercato regni sovrano e lancia la stilettata al cuore. “Si predica l’eticità della cooperazione e poi ci si comporta come i peggiori padroni attaccando i diritti dei lavoratori”.

La questione con Unibon è in sospeso anche in quel di Langhirano dove la coopertiva modenese possiede due salumifici (Ital Investimenti e F.lli Parmigiani in via Guerci) che ha già deciso di cedere al miglior acquirente senza guardare troppo per il sottile al contratto dei lavoratori. Nell’ambiente circola infatti il nome del salumificio friulano Principe di San Daniele, lo stesso che ha già mosso i primi ruomorosi passi nel salumificio Carretta, bollato di aver proposto “contratti capestro” agli operai.
Ma Italcarni non è l’unica coop rossa a deludere le aspettative dei sindacati sinistrorsi. Anche la coopertiva sociale parmigiana Proges, assai stinta nei colori ma molto attiva nel comune di Parma, si è beccata dure critiche dalle RdB (sindacati di base) escluse dai tavoli delle trattative. Immediata la denuncia per comportamento antisindacale mossa alla Proges alla quale si aggiunge l’accusa per il mancato rispetto dell’orario di lavoro a Borgonovo Val Tidone e nei nidi di Parma. Condizioni di lavoro pesanti su turni di 8, 9 giorni consecutivi. Bandita ogni vita privata, affermano i sindacati.
A dire il vero il presidente di Proges, Antonio Costantino, ha abbandonato da tempo i panni del compagno. Convertito a migliori frequentazioni mantiene comunque il piede in Legacoop anche se oggi gira in Suv scorrozzando il sindaco Vignali (insieme all’inagurazione dell’abbagliante quartiere Parmacotto a Malandriano) che è suo socio in Parminfanzia, la società mista pubblico-privato che gestirà alcuni servizi all’infanzia già esistenti e le strutture di nuova costruzione per altri 23 anni. Senza più gare avendo vinto la prima, quella per essere ammesso alla corte del pubblico.

28 giugno 2010

Valentina Zanelli

ParmaOggi.it



28 giugno 2010

CARRELLI VUOTI PER 314 DIPENDENTI DELLA CARREFOUR


Il colosso francese della grande distribuzione starebbe vagliando tagli del personale del 18% in Italia




Il carrello di 314 lavoratori della Carrefour rischia di rimanere vuoto a partire dai prossimi mesi. Afflitto da un calo di fatturato e clienti, infatti, il colosso della grande distribuzione (secondo al mondo solo alla statunitense Wall Mart) sembrerebbe deciso a dare una sforbiciata del 18% al suo personale. Secondo le organizzazioni sindacali, infatti, Carrefour vorrebbe mandare 314 lavoratori dei 1761 addetti dei punti vendita italiani. Un grosso colpo lo subirebbe lo stabilimento marchigiano di Ancona, dove sarebbero previsti 20 licenziamenti sui 134 lavoratori attualmente inseriti nell’organico.


La protesta – “Non si possono mantenere operativi impianti da cinquemila metri quadrati con un personale già ridotto al minimo, mentre altri ipermercati di dimensioni analoghe occupano 250 addetti – sostengono i rappresentanti dei lavoratori –. Serve un progetto di rilancio, soprattutto per il sito di Ancona, dove in poco tempo si sono susseguiti sei direttori diversi, chiaro segnale di disinteresse da parte della società”.

25 giugno 2006

Libero-news.it

26 giugno 2010

ACCORDO PER ITALCARNI





Raggiunto un accordo all'Italcarni. Mobilità volontaria e piano di rilancio della cooperativa alla base dell'intesa. I lavoratori hanno espresso un giudizio positivo.


E' stato sottoscritto oggi pomeriggio il tanto atteso accordo all'Italcarni. La direzione dell'azienda, Legacoop, le Rsu e le organizzazioni sindacali di categoria hanno raggiunto un'intesa. Espressa la volontà di affrontare la crisi nell'ambito di una gestione condivisa dei processi di riorganizzazione della cooperativa, attraverso un impegno nella ricerca di un piano industriale che garantisca continuità all'impresa.

Si procederà alla gestione degli esuberi di personale attraverso ricollocazioni occupazionali in ambito cooperativo, Cigs e altri ammortizzatori sociali, oltre alla mobilità volontaria. La Fai-Cisl sottolinea proprio l'importanza della “volontarietà della scelta di mobilità e giudica l'accordo positivo, viste le premesse e la rigidità della proprietà”.

I lavoratori, in tutto 161 (126 nella produzione e 35 impiegati), si sono riuniti oggi in assemblea per votare l'accordo. Sono state solo 3 le astensioni, mentre tutti gli altri hanno espresso un voto positivo. “Finalmente ha prevalso il buonsenso – ha commentato Umberto Franciosi della Flai-Cgil, che definisce l'accordo “una giusta mediazione che scongiura licenziamenti unilaterali”.

Legacoop auspica che il dialogo possa proseguire sugli aspetti riorganizzativi, valorizzando un metodo di confronto. In totale erano 77 i posti di lavoro a rischio.

25 giugno 2010

Cristina Provenzano

ModenaQui



COMUNICATO SINDACALE 26 GIUGNO 2010




25 giugno 2010

ALDO SOLDI NUOVO PRESIDENTE EUROCOOP 2011-2012




Il presidente dell'Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori è stato nomunato all'unanimità.



Un organismo europeo che rappresenta oltre 25 milioni di consumatori e un Presidente italiano.
Aldo Soldi, Presidente di Ancc-Coop, e' stato nominato nell'ultima Assemblea Generale, nuovo Presidente di EuroCoop per il biennio 2011/2012. La nomina e' avvenuta all'unanimita' dopo una consultazione che ha visto convergere sulla proposta tutte le organizzazioni dei 19 Paesi membri.

Aldo Soldi sara' affiancato da due vicepresidenti: Zoltan Zs. Szoke (Presidente della cooperazione di consumo ungherese) e Thomas Bagge Olesen (Presidente della cooperazione di consumo danese). Incarico prestigioso per la comunita' europea delle cooperative di consumo i cui membri rappresentano infatti i 19 Paesi con un giro d'affari totale che si attesta intorno ai 70 miliardi di euro, 300.000 dipendenti e 30.000 punti vendita in tutta Europa.

Eurocoop e' l'organismo di rappresentanza della cooperazione di consumatori presso le istituzioni e le organizzazioni comunitarie intendendo per queste sia il Parlamento e la Commissione Europea sia i le organizzazioni sindacali, quelle imprenditoriali, le associazioni dei consumatori, il mondo dell'ambientalismo. Visto il crescente ruolo della disciplina comunitaria in materia di provvedimenti legislativi, risulta quanto mai evidente la sua importanza strategica, oltre alla necessaria e opportuna attivita' lobbistica intesa anche in funzione propositiva, ovvero volta a sollevare temi e problemi nell'interesse ovviamente delle cooperative e dei milioni di soci rappresentati.

"Ognuno di noi e' orgoglioso della propria storia, di cio' che in ogni Paese siamo riusciti a costruire -ha spiegato Aldo Soldi durante l'assemblea che lo ha visto diventare Presidente dell'organismo europeo- ma credo che la dimensione sovranazionale sia sempre piu' importante. Aggiungo che c'e' un altro aspetto sicuramente significativo su cui Eurocoop puo' fungere da facilitatore: migliorare la relazione economica fra le organizzazioni associate, creare intese commerciali di reciproco interesse".

Spettera' a Soldi il compito di sviluppare attivita' gia' in essere (molto propositivo il ruolo di Eurocoop sul versante della sostenibilita' ambientale), riorganizzare i gruppi di lavoro esistenti e puntare su nuove aree di interesse comune anche al fine di diffondere al meglio le buone pratiche esistenti nei diversi Paesi, in alcuni dei quali la cooperazione di consumo vanta una lunga e consolidata storia e in altri come ad esempio l'est europeo si sta ora sviluppando. Positiva accoglienza della nomina europea anche in casa Legacoop nazionale. "Siamo particolarmente orgogliosi e soddisfatti" -ha detto il Presidente Giuliano Poletti- "della nomina di Aldo Soldi a Presidente di Eurocoop, un meritato riconoscimento del ruolo che Coop svolge, con impegno costante, per tutelare il reddito dei consumatori ed accrescerne la consapevolezza sul rapporto tra consumi, salute ed ambiente.

L'incarico affidato al Presidente di Coop assume, tra l'altro, un rilievo particolarmente importante in una fase nella quale appare evidente che l'Europa rappresentera', sempre di piu', la dimensione decisiva per le scelte economiche e sociali che riguardano tutti i cittadini e le imprese del continente nel complesso contesto internazionale". Durante l'assemblea che si e' svolta in Italia presso Scuola Coop (la scuola di formazione del movimento che ha sede a Montelupo Fiorentino, vicino Firenze), sono stati presentati i casi di 3 esperienze di cooperazione in altrettanti Paesi europei: l'Italia, la Norvegia e l'Inghilterra.

E sempre all'ordine del giorno dell'Assemblea la valutazione dei risultati di Bilancio 2009 conseguiti dalle cooperative che hanno un unico comune denominatore: pur in una situazione di crisi economica che ha coinvolto l'intera Europa, le cooperative -tutte- hanno dimostrato di svolgere un apprezzato ruolo di presidio a difesa del potere d'acquisto di soci e consumatori e complessivamente a conseguire buoni risultati.

24 giugno 2010

(AGI)



24 giugno 2010

SI ALLENTANO I RAPPORTI COL 'SOCIO' ITALCARNI



Per la Coop di migliarina, domani 25 giugno, un importante vertice sindacale







I termini della vertenza Italcarni, la cooperativa di macellazione che ha la sede principale a Migliarina di Carpi, sono noti.
La dirigenza, guidata dal presidente Gianni Mozzoni, ha messo in mobilità 43 persone, e intende affittare a terzi un ramo d’azienda che impiega altri 34 dipendenti, su 161 totali.

I sindacati si sono opposti su tutta la linea e sono giunti, forse per la prima volta nella storia delle relazioni industriali con le coop rosse, a uno sciopero di un’intera settimana (la scorsa), portando la protesta tra i banchi di un supermercato di Coop Estense.

Infine è intervenuta Legacoop, e lunedì le parti sono tornate a parlarsi.
Dopo il bis di ieri mattina, il confronto riprenderà domani alle 15.
«Resta un certo ottimismo, l’azienda ha rinnovato la disponibilità ad adottare gli ammortizzatori sociali almeno per i 43 esuberi diretti», ha detto Mario Zoin della Cisl.
A quanto pare, e a quanto intuibile, Italcarni ha attribuito la causa della ristrutturazione interna alla minor competitività dell’azienda.

In effetti, anche i Grandi Salumifici, in cui appunto la coop di Migliarina ha un importante partecipazione indiretta, sembrano ora orientarsi verso altri fornitori.
Lo si nota nel bilancio dello stesso gruppo di via Gherbella: nelle operazioni con parti correlate, è scritto che nel 2008 gli acquisti di «materie prime» da Italcarni erano stati di quasi 50 milioni.
(vedi bilancio 2008 > Rapporti Economici > Costi per Acquisti > Italcarni- pag. 76 - Nota blog) .
Lo scorso anno, tale cifra è scesa a 22 milioni (vedi bilancio 2009 > Rapporti Economici > Costi per Acquisti > Italcarni- pag. 108 - Nota blog) .
BILANCI GRANDI SALUMIFICI ITALIANI

Contemporaneamente, è subentrato un nuovo rivenditore: si tratta dell’Ital Gestioni, una srl dalla quale i Gsi hanno acquisito 19 milioni di «materie prime» nel 2009 (vedi bilancio 2009 > Rapporti Economici > Costi per Acquisti > Ital Gestioni S.r.l. - pag. 108 - Nota blog) e che invece l’anno precedente non compariva nell’elenco dei fornitori.
Tale Ital Gestioni ha sede a Carpi, ma di essa non si trovano molte più informazioni. (Confermiamo - nota blog)

Italcarni, intanto, si potrà forse consolare partecipando ai 20 milioni di dividendo elargiti dai Gsi.

24 giugno 2010

ModenaQui

23 giugno 2010

STORIA DEGLI APPALTI IN UNICOOP TIRRENO: IL RACCONTO DI UNA GIGANTESCA FREGATURA PER I LAVORATORI, A NOI MOLTO VICINA

Quello che segue è un esaustivo riepilogo del processo di terziarizzazione avvenuto dal 2000 nel settore della logistica di Unicoop Tirreno (ex Toscana-Lazio).
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E' un racconto dettagliato e inquietante. Invitiamo tutti, colleghi e non, a leggerlo con attenzione, a spendere 10 minuti su questo scritto che ci dice più di tante altre informazioni che possiamo ottenere.
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Data la sua lunghezza, limitiamo al minimo la nostra introduzione. Diciamo che è davvero una brutta pagina scritta da Unicoop Tirreno con la complicità di sindacati molto compiacenti.
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Questo è il miglior documento su cui riflettere, perché in esso troverete molte delle situazioni presenti nel settore logistica di Unicoop Firenze, che in parte si sono realizzate e altre che sono in corso d'opera. Leggiamolo. Più consapevoli, più forti.
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La vicenda delle terziarizzazioni della logistica di Unicoop Tirreno inizia nella seconda metà degli anni ’90: viene affidato a McKinzey, ditta specializzata nelle ristrutturazioni aziendali (già all’epoca tristemente nota), l’incarico diridisegnare il modus operandi dell’allora Coop Toscana-Lazio (ex “La Proletaria”).

Iniziano dal settore amministrativo, ridefinendo i ruoli all’insegna di una maggiore managerialità, per poi proseguire con i punti vendita. L’idea guida è la riduzione dei costi fissi (in primis il costo del lavoro) e la responsabilizzazione dei lavoratori addetti alle vendite: vengono raggiunti col sindacato interno (in modo maggioritario Filcams CGIL) quegli accordi su flessibilità e salario variabile che permetteranno di ridurre il monte salari andando progressivamente a sostituire i lavoratori in rapporto di lavoro full-time a tempo indeterminato con nuovi assunti a part-time (orizzontale e verticale) inseriti in un tourbillon di rapporti a tempo determinato, anticamera della possibile assunzione a tempo indeterminato.

Non sono in grado di ripercorrere le tappe della vicenda riguardante il personale interno; posso dire che è andata culminando all’Ipercoop di Livorno (Porta a terra), dove la grande concentrazione di lavoratori “di nuova generazione” ha prodotto significativi episodi di antagonismo, con l’entrata in scena del Sindacato dei Lavoratori, SdL, sul cui sito, volendo, si possono reperire maggiori informazioni…

Poi, e siamo all’anno 2000, viene affrontata la ristrutturazione della logistica: si procede alla terziarizzazione del Centro di Distribuzione di Vignale, anche con la creazione di piattaforme cui vengono affidati il settore carni ed il settore bibite ed acque minerali; il trasporto delle carni viene affidato alla ditta Bartolini, mentre le acque minerali (e bibite) vengono dislocate inizialmente a Cecina (poi a Venturina) ed affidate, anche per la “preparazione”, alla Dinamica Scarl . Entrambe le piattaforme iniziano ad operare con personale proprio, assunto ad hoc, non essendo i camionisti Coop disposti a “cambiare casacca”.

La preparazione dei generi vari , della frutta e dei latticini viene affidata alla CGS (Consorzio Generale Servizi), proteggendo i lavoratori ex-coop degli effetti del cambio di contratto attraverso il mantenimento degli effetti economici del contratto di provenienza.

Lo stesso meccanismo viene utilizzato quando, nel 2002, si procede alla terziarizzazione anche del reparto consegne, ovvero il nocciolo “duro” rappresentato dai camionisti, poco inclini a passare alle condizioni lavorative del settore dell’autotrasporto. Sotto la garanzia di mantenimento del posto di lavoro e delle spettanze derivanti dal contratto nazionale e dall’integrativo aziendale sono stati incentivati al passaggio in Dinamica scarl, utilizzando lo strumento della mobilità, mentre alcuni, più prossimi alla pensione, hanno potuto godere di uno scivolo..

Nel corso del 2002, a due a due, sono quindi transitati dalla mobilità per poi essere assunti da Dinamica, la quale ha distaccato due suoi lavoratori della piattaforma acqua per rimpiazzare i due “licenziati” Coop momentaneamente in mobilità. Al termine del 2002 il percorso era ultimato.
Vale la pena di osservare che nel 2001 Coop Toscana–Lazio ha dichiarato lo stato di crisi, in concomitanza con la disponibilità, per il comprensorio di Piombino, di fondi strutturali europei sull’obiettivo 5b, ossia a sostegno delle aziende in crisi nei comprensori investiti dalla deindustrializzazione. Credo che da tali misure derivino i fondi destinati ad incentivare l’uscita dei camionisti dall’organico Coop; non ho però informazioni più precise, vista la reticenza a rivelare il contenuto degli accordi siglati da parte degli interessati. Si è trattato comunque di una trattativa “ad personam”.

Gli ex-Coop sono quindi entrati nell’organico Dinamica, ditta dell’autotrasporto di recente costituzione con struttura di cooperativa: ad essi è stato “applicato” il contratto di trasporto, con opportune modifiche.
Dinamica già pagava i propri soci-lavoratori corrispondendo loro 12 mensilità di paga-base (quella da contratto nazionale) e, unitamente, 12 mensilità di trasferta (quindi indennità, sotto il profilo fiscale e previdenziale), comprendendo in questa tutte le altre voci, dagli straordinari alla tredicesima e quattordicesima, al TFR e quant’altro potesse derivare da una contrattazione di 2° livello. I lavoratori ex-Coop sono stati inseriti nel sistema applicando loro la stessa struttura di retribuzione.

Questo ha dato luogo ad una evidente disparità di trattamento economica tra chi proveniva dalla “casa madre” ed i lavoratori assunti direttamente da Dinamica (la quale, per di più, si è andata modificando in una struttura consortile, procedendo nel tempo ad assunzioni a condizioni sempre più differenziate). Infatti, mentre i primi conservavano “in chiaro”, quindi soggette a tassazione e contribuzione previdenziale, le spettanze derivanti dal proprio contratto di provenienza compreso l’integrativo aziendale, per tutti gli altri i redditi “in chiaro” si riducevano a sole 12 mensilità-base.

Ciò ha determinato imponibili previdenziali irrisori, spesso al di sotto della soglia minima di contribuzione, come molti di noi hanno recentemente acclarato con l’INPS. Per tutti, poi, veniva incentivato lo straordinario, nascondendolo nella trasferta, anche a fronte di un analitico delle presenze dato dalle timbrature del cartellino.

Il sistema ha reso immediatamente più “flessibile” la gestione delle consegne: avendo una disponibilità spesso illimitata da parte degli autisti (presi singolarmente ed anche in competizione, alcuni, per accaparrarsi lo straordinario) non ci si è più trovati a fare i conti con la necessità di organizzare il lavoro e le turnazioni, incrociando così la filosofia McKinsey della preminenza delle vendite, con i negozi ad avanzare richieste di “servizio” e l’appaltatore tenuto a soddisfarle comunque.

In verità si è mantenuto un “ordine di servizio” di riferimento, con turnazioni determinate anche nel lungo periodo, spesso però disatteso per coprire non solo buchi imprevisti (malattie, infortuni) ma anche la carenza d’organico a fronte delle richieste di trasporto avanzate dall’appaltante Coop.

Conseguentemente il monte ore straordinario mensile è stato spesso attorno, se non oltre, le 5.000 ore (su 60 – 70 autisti).
Le richieste di “normalizzazione” che provenivano da alcuni autisti si sono sempre infrante contro un muro innalzato dal sindacato (categorie del commercio e cooperazione, che allegramente gestivano il contratto di trasporto in vece delle categorie competenti).
Tutti lavoravamo a 37 ore settimanali (come prima in Coop), con uno sconto per gli autisti “puri” di due ore, rispetto alle 39 di contratto, tutti senza limiti allo straordinario; questo “vantaggio” veniva fatto apparire come il portato dell’accordo di terziarizzazione la cui gestione, nel tempo, spettava al sindacato “interno”.


Che la voce trasferta fosse così composta, fuori dalle norme e dalla legalità, era ben noto ai dirigenti sindacali, e che la vera trasferta, dovuta ai dipendenti diretti, non venisse corrisposta risultava ai loro occhi ininfluente a fronte degli “enormi” vantaggi che ai lavoratori essi dispensavano (un Ente Bilaterale monocratico, se mi si passa il termine).

Un grande vantaggio economico era incamerato da Dinamica, ovviamente, dei cui bilanci, in quanto soci-lavoratori inadempienti (forzatamente) nel versamento della quota associativa, non potevamo discutere, né prendevamo visione.

Il sistema, con qualche piccola scossa d’assestamento, è andato avanti fino al 2006. (Giova ricordare che gli effetti della L. 142/2001 sulle cooperative, in termini di contribuzioni previdenziali, sono maturati nel quinquennio 2001-2006). A questo punto, oramai parificati al settore privato gli obblighi contributivi, la Dinamica si “inventa” una cessazione e relativo subentro di Log.Net, ditta con sede a Ceccano (FR) già entrata, alla fine del 2005, nella piattaforma acque di Venturina e nelle piattaforme del Lazio.

Passaggio in mobilità per tutti: firmiamo le dimissioni da socio consapevoli di ottenere l’assunzione come dipendenti (non più soci-lavoratori!) Log.Net alla fine del 2006.
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Se sul piano contributivo il cambiamento è stato sensibile (il mio imponibile previdenziale passa da 15.000 a 22.400 euro nel 2007) il passaggio non ha però modificato la struttura del lavoro: il contratto di servizio con Coop e rimasto quello. Non so come si sia fatto, se con sub-appalto o con altra forma: sta di fattoche nulla è cambiato, né la casacca, né organizzazione del lavoro, né la catena di comando, nel frattempo trasformatasi in Dinamica Gruppo (includente Log.Net)…
E questo vale, con gli opportuni aggiustamenti, per tutte le piattaforme gestite, in Toscana e nel Lazio, da Dinamica.

Ancora 3 anni e siamo nel 2009; scadono i benefici previdenziali derivanti dalla mobilità e di nuovo se ne affaccia un’altra: l’azienda è in difficoltà e bisogna ripassare il tutto a Dinamica Gruppo.

I sindacati “interni” sembrerebbero possibilisti mentre molte perplessità vengono avanzate dalla Filt-CGIL (categoria del trasporto e logistica) la quale ha incominciato a tesserare alcuni lavoratori nel 2005 e da allora gradualmente cerca di entrare in possesso del mandato di rappresentanza che le compete (tutti i lavoratori anche delle piattaforme esterne sono a contratto logistica e trasporto, ma vengono gestiti dalla Filcams-CGIL).

Proseguendo nell’opera di “regolarizzazione" intrapresa, che aveva già portato nel precedente passaggio Dinamica-Log.Net all’emersione di una serie di spettanze con quell’innalzamento
di montante contributivo che riferivo poc’anzi, la categoria Filt chiede di subordinare la mobilità ad un parere preventivo dell’Ispettorato del Lavoro, che emetterà parere contrario.

Nel frattempo i lavoratori, il 6 aprile 2009, oramai consapevoli della fragilità della loro posizione, chiedono ai sindacati territoriali di superare la rappresentanza sindacale costituita dalla RSA (1 delegato Filt, 1 delegato Filcams, 1 delegato UIL) costituendo la RSU, cioè una rappresentanza lorodiretta emanazione.

Qui esplodono le cose. Si incominciano ad avvertire segnali del cedimento della Log.Net: versamenti contributivi non pervenuti vengono riscontrati da alcuni lavoratori, iniziano difficoltà di approvvigionamento gasolio, ulteriore stretta sulle manutenzioni..

Avviene un contatto con la presidenza di Unicoop Tirreno (tale è l’attuale denominazione di Coop Toscana Lazio) che viene informata delle problematiche che stanno emergendo; da questo momento Unicoop Tirreno procederà da sola in una direzione della quale scopriremo solo recentemente gli esiti (è d’altronde la stazione appaltante!).

Il sindacato Filcams CGIL e la UIL si oppongono in tutti i modi alla elezione della RSU, che viene rimandata a dopo il passaggio diretto dei lavoratori da Log.Net a Dinamica Gruppo. Il passaggio viene quindi curato dai territoriali e dalla RSA: produce un accordo che impegna Dinamica Gruppo a coprire gli ammanchi di Log.Net.

Il passaggio avviene il 31 dicembre 2009. Log.Net, che intanto ha cambiato nome in General Cooperativa, esce di scena forse portandosi via un po’ di debiti.
Dinamica Gruppo continua purtroppo nel solco della Log.Net: ancora versamenti non effettuati, ritardi nei pagamenti, fatica a mantenere gli impegni presi; tanto che anche la Filcams comincia a tuonare nei suoi confronti.

Ancora si rinvìa l’elezione della RSU, solo la Filt si dice disponibile: pare che Dinamica se ne stia andando (o viene cacciata – le voci si rincorrono) e non c’è tempo per la trafila elettorale e la RSA, sostituita per delega della categoria dopo la dimissione dei delegati, passati a ruolo di responsabili del servizio, viene costretta a passare per una votazione confermativa, che porterà via due altre settimane (con tre si faceva la RSU).

Intanto avvengono incontri tra l’ufficio personale di Unicoop Tirreno e gli ex-coop, da cui si cerca in tutti i modi di tenere lontani i delegati Filt, così come Unicoop Tirreno si nega ad un incontro richiesto da Filt viste le oramai battenti voci che si rincorrono di un cambio di appalto.
E giungiamo all’epifanìa.

Il 30 aprile 2010 la RSA viene ricevuta, assieme ai sindacati confederali della cooperazione, livelli nazionali, regionali e territoriali, da Unicoop che comunica la cessazione del contratto d’appalto con Dinamica, la quale ha già fatto partire le lettere di licenziamento per il giorno 14 maggio, e il nome del nuovo appaltatore: Cooperativa Fiorentina Trasporti, CFT. Di questo informa i propri sindacati interni e non la Filt, essendo questa categoria del trasporto e quindi “altra”.

Nel cambio d’appalto vengono garantite la copertura degli ammanchi contributivi di Dinamica (in forza di legge, Ndr), l’assunzione da parte del nuovo appaltatore per coloro che lavorano a Vignale da almeno 10 mesi e le spettanze agli ex-dipendenti (come da accordo del 2001 - quello che ha dato il via alla terziarizzazione del reparto). Tutti gli altri, cioè i lavoratori a contratto di trasporto e logistica “puro”, perdono la contrattazione di secondo livello, gli scatti di anzianità (discuteremo!), qualsiasi emolumento che possa considerarsi “ad personam”: così è la legge, viene detto, ed ad essa ci atteniamo.

Nulla vale l’obiezione che la stazione appaltante può inserire clausole aggiuntive di protezione sociale. I sindacati interni hanno quindi firmato il protocollo a tutela dei propri rappresentati (22 su 102) nel mentre la RSA ha potuto solo prendere atto. A questo punto i problemi sono dei lavoratori degli appalti, ma per Unicoop l’obiettivo è raggiunto: il costo dell’appalto si è ridotto sensibilmente, ci hanno detto!
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Dal sito: CONTROLACRISI.org

Documento di origine

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I CONFINI DEL LINGOTTO

L'ACCORDO DI POMIGLIANO CI FARA' DIVENTARE TUTTI UN PO' CINESI.

Mentre in Asia si allarga la rivolta operaia per ottenere più diritti e migliori salari, l'accordo Fiat rischia di fare da apripista a peggiori condizioni normative e salariali per tutto il mondo del lavoro in Italia. Il fondato timore è quello di un ricatto "di chi vuole usare Polonia e Cina per insediare un dispotismo asiatico in fabbrica qui, quando la speranza è che l'anelito alla dignità e alla libertà in fabbrica faccia saltare il dispotismo in Cina", come scriveva lucidamente Adriano Sofri nell'articolo di ieri su
La Repubblica.


A POMIGLIANO prevale il sì all'accordo con la Fiat. Non stravince, come la sua direzione avrebbe gradito. Dobbiamo però augurarci che la Fiat non prenda pretesto dal risultato inferiore alle attese per mandare a monte l'accordo, oppure per imporlo senza modificarne una virgola. Non soltanto nell'interesse dei lavoratori, ma anche della Fiat, e del paese, per le conseguenze sociali e politiche che ciò potrebbe avere. Vediamo perché.

In Italia la Fiat produce 650.000 vetture l'anno con 22.000 dipendenti. In Polonia ne produce 600.000 con 6.100 operai. In Brasile le vetture prodotte sono 730.000 e i dipendenti soltanto 9.400. Inoltre il costo del lavoro in quei due paesi, contributi sociali inclusi, è molto più basso. È vero che in Italia si costruisce un certo numero di vetture di classe più alta che non in Polonia o in Brasile. Pur con questa correzione il rapporto auto prodotte/dipendenti resta nettamente sfavorevole agli stabilimenti Fiat in Italia.

Ne segue che su due punti non vi possono essere dubbi. Le aspre condizioni di lavoro che Fiat intende introdurre a Pomigliano, dopo averle sperimentate con successo all'estero, sono la premessa per introdurle prima o poi in tutti gli stabilimenti italiani, da Mirafiori a Melfi, da Cassino a Termoli. Dopodiché interi settori industriali spingeranno da noi per imitare il modello Fiat. Dagli elettrodomestici al tessile e al made in Italy, sono migliaia le imprese italiane medie e piccole che possono dimostrare, dati alla mano, che in India o nelle Filippine, in Romania o in Cina le loro sussidiarie vantano una produzione pro capite di molto superiore agli impianti di casa. Che tale vantaggio sia stato acquisito con salari assai più bassi, sistemi di protezione sociale minimi o inesistenti, e orari molto più lunghi, non sembra ormai avere alcuna rilevanza. Certo non per il governo, e perfino per gran parte dei sindacati. Con l'applicazione totale del modello Fiat, le imprese si sentirebbero autorizzate a far ritornare una parte della produzione delocalizzata in Italia, alla semplice condizione che essa sia accompagnata da salari e condizioni di lavoro che si approssimano sempre più a quella dei lavoratori dei paesi emergenti.

Si tratta di vedere fino a che punto conviene alla Fiat voler passare testardamente alla storia delle relazioni industriali e della globalizzazione come l'impresa italiana che allo scopo di esportare al meglio i suoi prodotti ha dimostrato che si può apertamente importare il peggio delle condizioni di lavoro, per di più ricevendo il plauso del governo. Così facendo, infatti, la Fiat correrebbe, e farebbe correre al paese, diversi rischi. Il primo, se il suo modello tal quale prendesse piede, è quello di contribuire alla stagnazione della domanda interna, che è stata ed è uno dei maggiori fattori della recessione globale in cui il mondo si sta avvitando. D'accordo che lavoratori sfiniti dalla fatica e con i salari, al netto dell'inflazione, pressoché fermi da oltre un decennio, consumano pur sempre qualcosa in più di un disoccupato. Ma il modello Fiat farebbe tendenza, aprendo nuovi spazi di disuguaglianza di reddito tra gli strati inferiori e medi e il dieci per cento dello strato più alto della piramide sociale; i cui membri, per quanto affluenti, difficilmente compreranno quattro o cinque Panda a testa.

Un secondo rischio è quello di far crescere le tensioni sociali. Se il governo alzasse mai lo sguardo dai sondaggi, e il management Fiat dai diagrammi della produttività e dei costi di produzione, potrebbero rendersi conto che disoccupazione, sotto-occupazione, tagli allo stato sociale e percezione di una corruzione dilagante stanno alimentando per conto loro, nel nostro paese come in altri, diffuse situazioni di insofferenza per la curva all'ingiù che la qualità della vita ha ormai palesemente imboccato, e per le iniquità di cui molti si sentono vittime. Ampliare il numero dei malcontenti moltiplicando i lavoratori che sono perentoriamente costretti a scegliere, come a Pomigliano, tra lavoro degradato e disoccupazione, o assistervi senza fare nulla, è una pessima ricetta politica. Alla quale un'impresa dovrebbe evitare di aggiungere i suoi particolari ingredienti.

Per altro il rischio maggiore che Fiat corre e fa correre a tutti noi risiede nel dare una robusta mano a coloro che intendono demolire la costituzione repubblicana. La proposta ventilata di modificare come nulla fosse l'art. 41 della suprema legge, perché a qualcuno dà fastidio che la legge determini i programmi e i controlli opportuni affinché l'attività economica possa essere indirizzata a fini sociali, come in fondo si dice in tutte le costituzioni, potrebbe venir liquidata come la dabbenaggine che è; ma se il lodo Pomigliano, chiamiamolo così, si affermasse lasciando intatte le sue licenze costituzionali, i nemici di quell'articolo ne trarrebbero un cospicuo vantaggio. Autorizzandoli pure a mettere in discussione, perché no, l'art. 36, secondo il quale il lavoratore ha diritto, nientemeno, a una retribuzione sufficiente in ogni caso ad assicurare a sé ed alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa, oltre che proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro. E magari altri articoli a seguire, in tutto il Titolo III che riguarda i rapporti economici.

Portare a Pomigliano il grosso dell'organizzazione del lavoro vigente in Polonia sarebbe già un successo per la Fiat. Sul resto, ivi compresa la percentuale dei consensi alle sue proposte, forse le converrebbe, e converrebbe al paese, non esagerare con le richieste trancianti.

23 giugno 2010

Luciano Gallino

La Repubblica.it



22 giugno 2010

VERTENZA ITALCARNI: PASSI IN AVANTI, SOSPESO LO SCIOPERO AD OLTRANZA


















Dopo l'incontro di ieri, 21 giugno, questo è il comunicato sindacale.

Iniziative di lotta sospese fino a venerdi.

Dopo 48 ore ininterrotte di sciopero, 84 dall’inizio della vertenza, le organizzazioni sindacali e le RSU ITALCARNI hanno sospeso lo sciopero in seguito ai passi in avanti compiuti dall’azienda.

Nella trattativa di oggi, alla presenza del Presidente di LEGACOOP Modena, la cooperativa si è impegnata a ricercare una nuova soluzione imprenditoriale nella filiera agroalimentare, ed ha previsto l’utilizzo del criterio della volontarietà nella procedura di mobilità, aperta dall’ITALCARNI il 10 maggio scorso. Inoltre la cooperativa si è resa disponibile ad utilizzare altri ammortizzatori sociali nella gestione della crisi, come ad esempio la Cassa Integrazione, quindi non solo la mobilità.

Per le organizzazioni sindacali è sicuramente un passo in avanti che, però, si deve tradurre in un vero accordo, in particolare per quanto riguarda la procedura di mobilità. Viste le importanti novità, siglate nel verbale d’incontro, le organizzazioni sindacali e le RSU, hanno ritenuto opportuno sospendere lo sciopero per permettere la riprese produttiva, quindi una forte e chiara assunzione di responsabilità, ma contemporaneamente aspettano ulteriori passi in avanti dalla dirigenza della cooperativa.

Inizieranno nei prossimi giorni ulteriori confronti con la direzione della cooperativa, il primo di questi si svolgerà mercoledì mattina prossimo. Le iniziative di lotta rimangono sospese fino a venerdì 25 giugno.

Modena, 21 giugno 2010

Umberto Franciosi FLAI CGIL

Mario Gaetano Zoin FAI CISL


Documento originale

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LA CATASTROFE DEL LAVORO



La crisi, restituendo agli Stati un più forte intervento economico - senza per questo ridurre la sovranità delle grandi multinazionali - sospinge il lavoro salariato verso un rinnovato "sacro egoismo".

Pomigliano ha reso clamorosa questa condizione






SE esistesse oggi un'Internazionale dei lavoratori, dovrebbe ammettere una catastrofe simile a quella che travolse la Seconda Internazionale nel 1914, quando le sue sezioni nazionali aderirono al patriottismo bellico, e i solenni principii andarono a farsi benedire. L'Internazionale non esiste e la crisi finanziaria ed economica non è (per ora) una guerra armata. La Seconda Internazionale era stata largamente partecipe dei pregiudizi e delle convenienze colonialiste: differenza minore, dal momento che lavoratori e sindacati dei paesi ricchi si sono guardati finora dall'affrontare il colossale divario con la condizione del proletariato dei paesi poveri.

La crisi, restituendo agli Stati un più forte intervento economico - senza per questo ridurre la sovranità delle grandi multinazionali - sospinge il lavoro salariato verso un rinnovato "sacro egoismo". Pomigliano ha reso clamorosa questa condizione. La Cina è vicina, e gli scioperi della Honda o della taiwanese Foxconn (e i suicidi operai) mettono in vetrina l'andamento da vasi comunicanti che Scalfari ha qui illustrato: gli operai cinesi rivendicano salari meno infimi e condizioni di lavoro meno infami e gli operai occidentali diventano più cinesi. Il punto però è che la nuova Panda ha messo in concorrenza diretta lavoratori italiani e lavoratori polacchi, cioè di due paesi dell'Unione Europea. E anche se una rilocalizzazione italiana dall'est europeo è inedita, come vanta Marchionne, è vero però che da anni la minaccia di trasferire la produzione in Ungheria o in Romania è valsa a far accettare nell'industria occidentale sacrifici di lavoro e salario non molto dissimili da quelli che si impongono a Pomigliano.

In Germania, la difesa dell'occupazione è costata, ben prima della crisi finanziaria, un forte allungamento dell'orario di lavoro a parità di salario - alla Opel da 38 a 47 ore! A Bochum, nel 2004, si trattò proprio di sventare il trasferimento in Polonia. In Francia le 35 ore erano legge, e sono un ricordo imbarazzato. Oggi, alla Opel, saturati i tempi, gli operai cedono - agli investimenti aziendali, a fondo perduto - una metà di tredicesima e quattordicesima, un mese di salario. Il ritorno a un protezionismo "nazionale" fu vistoso con il prestito offerto dalla Merkel alla Magna in cambio della salvaguardia dell'occupazione tedesca, violando le regole europee sulla concorrenza. Ma si tratta di una tendenza generale, di cui gli incentivi governativi alla Fiat furono un capitolo ingente. Sarebbe interessante sapere in quante fabbriche italiane (Fiat inclusa) condizioni di lavoro largamente simili a quelle imposte a Pomigliano sono già in vigore.

Se dunque non c'è una capacità, e neanche una vera volontà - a parte la lettera "di bandiera" di un gruppo di operai di Tichy - di animare una solidarietà europea, tanto meno ci si attenterà a immaginare una simpatia e un legame fra gli operai di Pomigliano e di Tichy e gli scioperanti e i suicidi di Shenzhen, i quali per giunta fabbricano (sono 400 mila solo alla Foxconn) componenti elettroniche per il mondo intero, e non un prodotto esausto come l'auto, sia pure la nuova Panda. Nel momento in cui accentua la sua internazionalizzazione, la Fiat "nazionalizza" gli operai di Pomigliano, con un ultimatum prepotente perfino nel tono. A sua volta, in un gioco delle parti di cui non è affatto detto che sia voluto - che Sacconi e Marchionne siano in combutta: anzi - il governo prende la sfida della Fiat a pretesto per l'abolizione dei contratti nazionali, la liquidazione simbolica della Costituzione, la sostituzione dei "lavori" ai lavoratori, delle cose alle persone. (L'autocertificazione per cui oggi si pretende di rifare la Costituzione, veniva garantita dal Capezzone quondam radicale in un progettino dal titolo "Sette giorni per aprire un'impresa").

La famigerata "anomalia" di Pomigliano è perciò largamente pretestuosa: serve a far passare per una cruna il cammello del conflitto sociale e dei diritti sindacali. Un precedente prossimo c'è, ed è l'Alitalia: anche lì era facile trovare le anomalie, e fare piazza pulita delle norme. Pomigliano è "anomala" dalla fondazione, come ha raccontato Alberto Statera, con la sua combinazione fra una maggioranza di operai venuti dalla campagna e da assunzioni clientelari, e una minoranza di reduci da altre fabbriche e lotte. Si raccontava, il primo giorno dell'Alfasud, che fossero entrati in fabbrica 3 mila operai, e ne fossero usciti 2.980, perché venti erano evasi durante l'orario di lavoro, avendone già abbastanza. Ma l'industria cinese, quella che fabbrica gli iPad, è fatta largamente di contadini scappati dai villaggi.

Un dirigente mandato da Torino al passaggio dall'Iri alla Fiat, nel 1986, avrebbe poi raccontato agli intimi Pomigliano in termini più coloriti del dialogo fra Chevalley e il principe nel Gattopardo. A Pasqua, si aspettavano una gratifica e un agnello. Il manager, magari anche per l'assonanza col nome della dinastia, provò a monetizzare gli agnelli. Uno sciopero lo costrinse a cedere in extremis. Al rientro dopo la festa lo sciopero riprese, e il dirigente costernato si sentì dire che l'agnello avrebbe dovuto essere vivo, e non macellato. Bisognava che prima ci giocassero i bambini. Sarà una leggenda. Anche sull'assenteismo e sulla camorra a Pomigliano corrono storie vere e leggende, utilizzabili a piacere.

Sarà vero che al direttivo provinciale di Cisl e Uil partecipano seicento dipendenti di Pomigliano? Marchionne deve saperlo, e non da oggi. Deve averci pensato almeno da quando ribattezzò la fabbrica col nome di Giambattista Vico, per riparazione: il più grande intellettuale della Magna Grecia. Non bastava un'intitolazione a passare dall'assenteismo alla scienza nuova, e nemmeno la deportazione dei cattivi a Nola. Ma appunto, il colore locale fa comodo a tutti, e anche a rovesciarlo in un ipertaylorismo - parola buffa, perché il taylorismo è iperbolico per definizione, e caso mai bisogna ridere amaro delle chiacchiere sulla fine del lavoro manuale e della fatica. I 10 minuti in meno di pausa - su 40 - la mezz'ora di mensa spostata a fine turno, e sopprimibile, lo straordinario triplicato - da 40 a 120 ore - e una turnazione che impedisce di programmare la vita, sono già un costo carissimo. Aggiungervi le limitazioni allo sciopero e il ricatto sui primi tre giorni di malattia è una provocazione o un errore, di chi vuole usare Polonia e Cina per insediare un dispotismo asiatico in fabbrica qui, quando la speranza è che l'anelito alla dignità e alla libertà in fabbrica faccia saltare il dispotismo in Cina.

Non c'è l'Internazionale, viene fomentata la guerra fra poveri, si fa la guerra ai poveri, questa sì dappertutto. Perché l'altra lezione venuta in piena luce grazie a Pomigliano è che la storia degli operai "garantiti" opposti ai "precari" era del tutto effimera, e i nodi sono al pettine, per operai e pensionati. Termini Imerese chiude, Pomigliano chissà, Mirafiori... Chi garantisce chi? Dei due modelli presunti - lavorare di meno o consumare di più - è destinato a prevalere, da noi ricchi, il terzo: lavorare di più e consumare di meno. Il "movimento epocale" di redistribuzione del reddito, invocato da Scalfari, va insieme a un cambiamento radicale dei modi di vivere e consumare (si chiamano, chissà perché, "stili": come se ci fosse stile in una coda di autostrada). Erano provvisori i "garantiti", siamo provvisori "noi ricchi" del mondo.

Questione di tempo, e l'economia va più svelta della stessa demografia. Prediche al mondo vorace che esce dalla povertà a spallate, perché non si ingozzi di automobili e telefonini come noi, non ne possiamo fare. Abbiamo dato l'esempio dell'ubriachezza consumista, possiamo solo provare a darne uno pentito, di sobrietà. Sbrigandoci.

22 giugno 2010

Adriano Sofri

La Repubblica.it


20 giugno 2010

TRATTATI COME SCHIAVI IN CATENE DAVANTI AL GS

Sostituiti dalla sera alla mattina, senza motivazioni e senza tutele sindacali. È successo a 70 magazzinieri del Gs-Carrefour di Pieve Emanuele (MI)

La notizia non è nuova, ma fa coppia con almeno altre due: l'acquisizione di Unicoop di 14 negozi del gruppo GS a Roma e la vicenda della coop Italcarni di Modena.


SOSTITUITI dalla sera alla mattina, senza motivazioni e senza tutele sindacali. È successo a 70 magazzinieri del Gs-Carrefour di Pieve Emanuele che ieri, dopo uno sciopero di due giorni proclamato per contestare condizioni di contratto capestro, sono stati tenuti fuori dal posto di lavoro.

«Sostituiti con 70 persone che non sappiamo da dove vengano - spiega Giovanni Romanelli della Filt Cgil - al di fuori di qualsiasi accordo sindacale». Alle 17.30 di ieri, i magazzinieri, in gran parte stranieri, si sono incatenati "a oltranza" di fianco al supermercato: «Ci trattano come schiavi, ma resteremo quia farci valere» dicevano accusando il consorzio di cooperative Gemal, che ha in gestione l' appalto dei magazzini.

La scintilla è scoccata venerdì, quando è cominciato uno sciopero spontaneo da ricondurre al cambio di cooperativa (dalla Rm di Torino alla "Cooperativa della Gioventù" di Bari) e alle condizioni economiche imposte dai nuovi gestori, che dall' oggi al domani hanno deciso di non rispettare piùi vecchi accordi.

«Hanno chiesto l' innalzamento della soglia produttiva da 140 a 160 colli all' ora - ha proseguito Romanelli - specificando che il lavoratore inadempiente può essere trasferito o licenziato. Non possiamo sottostare a queste minacce».

Al centro dello scontro anche la riduzione della tredicesima (90 per cento dell' attuale), il rifiuto del pagamento dei primi tre giorni di malattia,e l' annullamento del pagamento di un' integrazione all' indennità di malattia garantita dall' Inps.

Lo scontro è durato fino a lunedì, quando di fronte al tavolo della Lega Coop di Milano, erano cominciate le trattative. Poi, improvviso, l' annuncio da parte della Gemal che non sarebbero state aperte le porte dei magazzini a quei lavoratori che non avessero accettato le nuove condizioni contrattuali.

«Degli ex dipendenti Rm sono entrati in quaranta - continua Romanelli - quelli che non hanno accettato sono stati sostituiti con gente di fuori». «A quanto ne sappiamo la cooperativa subentrante si è impegnata a garantire l' occupazione dei dipendenti - hanno spiegato dall' ufficio comunicazione di Carrefour- in questo momento la situazione è delicata perché lo sciopero non risulta dichiarato e il disservizio che si sta venendo a creare è pesante».

La vertenza resterà bloccata fino a giovedì, quando è in programma un nuovo incontro alla direzione provinciale del lavoro. «Fino a quel momento resteremo incatenati qui - ha concluso Romanelli - chiedendo l' applicazione del contratto nazionale di lavoro. E di farci rientrare». -

9 giugno 2010

Luca De vito

La repubblica

Iniziative a cui aderire:



ULTIME NOTIZIE:

I MAGAZZINIERI BLOCCANO LA VIA EMILIA

DOPO dieci giorni costretti fuori dal posto di lavoro, i magazzinieri della cooperativa in servizio al Gs di Pieve Emanuele hanno lasciato esplodere la loro rabbia.

Ieri mattina i settanta lavoratori hanno fermato il traffico sulla via Emilia a San Giuliano per poi tornare dopo qualche ora a Pieve, dove hanno bloccato le attività dei magazzini. Un' azione dimostrativa, arrivata all' indomani del mancato accordo con la cooperativa che gestisce il lavoro e fermata soltanto dall' intervento dei carabinieri.

Dopo qualche ora di tensione, i dipendenti hanno ottenuto un incontro con il prefetto, i gestori della cooperativa e i rappresentanti di Carrefour, previsto per oggi alle 11.

«Noi siamo disposti a trattare su tutti i punti - dice Giovanni Romanelli della Filt Cgil di Pavia - tranne su uno: la cooperativa vorrebbe far rientrare solo 26 dipendenti, noi vogliamo tutti i 70».

Al centro dello scontro il cambio di cooperativa (dalla "Rm" di Torino alla "Gioventù" di Bari) e l' imposizione di nuove condizioni economiche. -

18 giugno

Luca De vito

La Repubblica

19 giugno 2010

VERTENZA ITALCARNI: ANCORA UNA STORIA DI APPALTI NELLE COOP















Insistiamo sulla vicenda della Italcarni, sia perché 40 ore di sciopero sono davvero tante per dei lavoratori con questi chiari di luna, sia perché la loro situazione ha punti in comune con tutti quei settori che forniscono servizi ai negozi Coop.
Come i magazzini, ad esempio.




APPALTI, AFFITTI DI RAMI DI AZIENDA E LICENZIAMENTI. QUESTA E' LA RICETTA DEI COOPERATORI DELL'ITALCARNI PER SANARE I CONTI

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Si apre una lotta dura, perchè i lavoratori non ci stanno a dover pagare per gli errori compiuti da altri


La storica cooperativa di macellazione, la più grande d’Italia, socia della cooperativa UNIBON la quale, quest’ultima, detiene il 50% delle azioni della Grandi Salumifici Italiani, ha aperto una procedura di mobilità che interessa 43 lavoratori, tra i quali 7 impiegati e un quadro.

Non paga di questo ha annunciato, successivamente, la volontà di affittare due rami d’azienda ad altre società. In totale, i lavoratori coinvolti, sarebbero così 77 su quasi 200! Quasi il 40% della manodopera coinvolta in un pesante processo di ristrotturazione, senza nemmeno aver utilizzato un ora di cassa integrazione.

Una storica cooperativa, da sempre legata al movimento cooperativo modenese, che con metodi e strumenti, simili a tutte le altre imprese private, ha comunicato le sue intenzioni per sanare il disavanzo dell’impresa: esubero di personale!

Ancora una volta si cerca di far pagare ai soliti le colpe di altri. Un’impresa, che da anni macella rimettendo denaro, ma che è saldamente legata da rapporti azionari e commerciali con colossi dell’industria salumiera, come nel caso della Grandi Salumifici Italiani che produce utili e si sta apprestando ad entrare in Piazza Affari, o con la Grande Distribuzione Organizzata, attraverso la fornitura di carne fresca, la quale continua ad abbassare i prezzi scaricando sui fornitori le conseguenze.

Chi non ricorda i famosi cartelloni pubblicitari con scritto: "CONTINUIAMO AD ABBASSARE I PREZZI"? Bene, anche questi possono essere i risultati che, a cascata, si ripercuotono su tutta la filiera.

Il progetto di spezzettamento del ciclo produttivo, condito con appalti, affitti di reparti e licenziamenti, sono strumenti e azioni che, a nostro modesto giudizio, non hanno nulla a che fare con la tradizione del movimento cooperativo che questo territorio dovrebbe ancora continuare a vantare.

L'ITALCARNI, con questo modo di fare e con l'intento che ha espresso, vuole adottare dubbi e criticabili sistemi organizzativi, composti da appalti e il probabile utilizzo di altre imprese cooperative ovviamente "false".

Come altre imprese del territorio modenese, oggetto di denuncie e segnalazioni inoltrate dal sindacato, molte di queste riportate anche in questo sito, la storica cooperativa modenese decide di percorrere la "via bassa della competizione"!

Sappiamo molto bene che contesto della macellazione è molto complicato e sta vivendo una situazione drammatica, ma pensare di risolvere tutto abbassando il costo del lavoro, che è già molto basso, al 4,7% sul fatturato, attraverso dubbie e pericolose organizzazioni del lavoro che impiegano forme di sfruttamento, elusione e evasione fiscale, caporalato e illegalità delle più diffuse è un pericolo che questa cooperativa non dovrebbe correre.

Questa cooperativa può continuare ad esistere se riesce a coniugare l’interesse dei suoi soci con l’etica e la responsabilità sociale che l'ITALCARNI deve continuare a mantenere. Una cooperativa che è inserita in una filiera che dovrebbe garantire “etica” e “responsabilità sociale”, per la materia prima che fornisce ai suoi clienti e alle aziende in cui è anche azionista (Grandi Salumifici Italiani).

Il punto è proprio questo: quanto Grandi Salumifici Italiani e la Grande Distribuzione Organizzata vogliono veramente investire nell'etica e nella "responsabilità sociale d'impresa"? Se vogliono ancora farlo, su questa vicenda, dovrebbero farsi sentire prima che sia troppo tardi!

nuovo CAPORALATO.it

Caporalato e somministrazione illegale di manodopera nel distretto alimentare di Modena

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VERTENZA UPIM PONTE A GREVE: UNICOOP FIRENZE NON RINNOVA IL CONTRATTO DI AFFITTO



UPIM COSTRETTA ALLA CHIUSURA.
LICENZIATI TUTTI I DIPENDENTI


CALA IL SIPARIO ANCHE SUL NEGOZIO DI PONTE A GREVE. SCIOPERO E PRESIDIO.



Sciopero e presidio dei lavoratori della Upim per protestare contro la chiusura del negozio di Ponte a Greve. Ieri mattina, i dipendenti fiorentini della società hanno incrociato le braccia per quattro ore, con un' adesione che, secondo la Filcams Cgil e Uiltucs Uil ha sfiorato l'80%.

Dalle 10 alle 12 un presidio si è svolto davanti al centro Unicoop di Ponte a Greve, oggetto principale della protesta. "Dopo l'acquisto di Upim da parte di Coin, avvenuto a gennaio 2010 - spiega Enrico Talenti della Filcams - quest' ultima ha proceduto a un piano di riconversione di punti vendita Upim in Oviesse. Ci era stato assicurato che il processo avrebbe riguardato anche il negozio di Ponte a Greve, che ha chiuso il 3 aprile per procedere alla riconversione. L' apertura era fissata per il 3 maggio, ma l'azienda ha iniziato a rinviare".

Poi la brutta notizia: il punto vendita non avrebbe riaperto. "A quanto ci risulta - continuano i rappresentanti sindacali - UNICOOP, PROPRIETARIA DEL FONDO, NON SI E' DICHIARATA DISPONIBILE A PROROGARE IL CONTRATTO, CHE SCADE A NOVEMBRE 2010, DICENDO DI VOLER UTILIZZARE LO SPAZIO PER AMPLIARE IL PROPRIO SUPERMERCATO".

"Ancora una volta le ristrutturazioni aziendali ricadono solo sui lavoratori - attaccano gli esponenti di Cgil e Uil - benchè questo negozio sia sempre andato bene. E' impensabile che per problemi immobiliari si mandino a casa 12 lavoratrici e che la società sia disponibile a ricollocarne solo 3". [.....]

18 giugno 2010

Lisa Ciardi

La Nazione

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SCIOPERO UPIM PONTE A GREVE, LA POSIZIONE DI UNICOOP NON E' CHIARA
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LEGGIAMO:

"[...] Unicoop che e' proprietaria del fondo non si è dichiarata disponibile a prorogare il contratto che scade a novembre 2010, dicendo di voler utilizzare lo spazio per ampliare il proprio supermercato. [...]

DOMANDA SPONTANEA:

MA IL CENTRO DI PONTE A GREVE, UNICOOP NON LO DOVEVA RIDIMENSIONARE COME DA PROTOCOLLO D'INTESA FIRMATO DAI COMUNI? LEGGETE QUI:

"La previsione di queste superfici di vendita era già contenuta in un protocollo d’intesa firmato dai Comuni di Firenze, Scandicci e Lastra a Signa nell’aprile del 2000: l’accordo riduceva le
dimensioni del centro di San Lorenzo a Greve."

ARTICOLO COMPLETO
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UNICOOP FA COME GLI PARE IN BARBA AGLI ACCORDI?


18 giugno 2010

SCIOPERO AD OLTRANZA ALLA COOP ITALCARNI: PRESIDIO OGGI A LEGACOOP





Con la giornata di venerdì 18 giugno sono 40 le ore di sciopero a oltranza questa settimana, con presidio permanente davanti ai cancelli, di giorno e di notte, mentre 76 sono le ore di sciopero totali svolte da poco più di un mese.



Continua lo sciopero ad oltranza all’Italcarni, storico macello di Migliarina di Carpi, pietra miliare della cooperazione agroalimentare modenese che, a causa dell’intransigenza e dell’ottusità del suo attuale gruppo dirigente corre il rischio, di passare alla storia per la durezza dello scontro in atto.

Con la giornata di venerdì 18 giugno sono 40 le ore di sciopero a oltranza questa settimana, con presidio permanente davanti ai cancelli, di giorno e di notte, mentre 76 sono le ore di sciopero totali svolte da poco più di un mese.

Nella mattinata odierna di giovedì 17 giugno, una folta delegazione di lavoratori, sindacalisti e rappresentanti sindacali, si sono recati all’ipermercato Borgogioioso di Carpi a “fare spesa” indossando T-shirt che riportavano slogan riguardanti la recente campagna pubblicitaria svolta da Coop Estense in merito all’eticità dei prodotti a marchio coop.

Italcarni, in quanto fornitore di carni suine di Coop e Conad, è all’interno di questa importante filiera e, per questo l’iniziativa di oggi, voleva mettere al centro dell’attenzione l’importanza del controllo di filiera, la responsabilità sociale d’impresa, e l’eticità dei prodotti, ma anche del lavoro!

Le organizzazioni sindacali ritengono che, con lo “spezzatino” che l’azienda ha in mente di introdurre, cioè appalti e affitti di rami d’azienda, l’eticità del lavoro può essere fortemente compromessa e lo è ancor di più in assenza di un progetto industriale che ancora non c’è!

Altre iniziative eclatanti sono in programma nei prossimi giorni, se l’azienda continua in questa assurda intransigenza.

Così come i sindacati avevano annunciato, nella giornata di venerdì 18 giugno una folta delegazione di lavoratori effettuerà un presidio presso la sede di Legacoop di Modena in via Fabriani a partire dalle ore 11.30. Lo scopo dell’iniziativa è quello di sensibilizzare e incontrare i vertici di Legacoop la maggior associazione che insieme a Confcooperative rappresenta Italcarni.

Dopo la richiesta d’incontro inviata dalle organizzazioni sindacali alle centrali cooperative modenesi, Legacoop ha risposto che sarebbe intervenuta solo su richiesta di Italcarni. I sindacati ritengono questa risposta insufficiente, dopo le 76 ore di sciopero fatte sino ad ora, ma soprattutto per l’importanza strategica che ha questo macello nel comparto agroalimentare cooperativistico modenese e non solo.

(Flai/Cgil-Fai/Cisl Carpi)

17 giugno 2010

SASSUOLO2000


17 giugno 2010

PIANO COOP DA 700 MILIONI













Un piano di investimenti per 700 milioni, da realizzare entro il 2012, per sviluppare la rete di vendita e contrastare la perdurante crisi dei consumi
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«È un piano – spiega Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione di Coop Italia – che intende lanciare un segnale forte al mercato in un momento davvero difficile, contraddistinto da una pesante caduta della spesa delle famiglie. Un segnale forte, visto che apriremo 55 nuove strutture di vendita, per buona parte al Sud, l'area in cui la distribuzione moderna è meno sviluppata. Rilanciamo poi sugli ipermercati, mercato in cui siamo in posizione leader e che sta dando buoni risultati, aprendo 11 nuove strutture, di cui almeno 5 al Sud, tra Puglia, Sicilia e Calabria».

Alla Coop hanno aspettative positive sulle ricadute occupazionali. «Prevediamo di creare tra i 3mila e i 4mila nuovi posti di lavoro con questo piano di investimenti – spiega Tassinari –, e molti posti sono nel Mezzogiorno. Complessivamente il gruppo Coop dà lavoro a circa 57mila persone. I soci poi sono oltre 7,2 milioni».

I risultati del gruppo – che saranno presentati oggi a Bologna all'assemblea di Coop Italia – sono in generale positivi in un contesto molto difficile del mercato. «Contiamo di chiudere il 2010 con un giro d'affari complessivo superiore a 13 miliardi – sottolinea Tassinari – e con un aumento vicino al 2% rispetto al 2009 archiviato con ricavi per circa 12,8 miliardi e utili pari all'1,2% sul volume d'affari. La quota di mercato è salita di 0,3 punti al 18,1%».

Al centro della strategia del gruppo per il rilancio dei consumi ci sono poi lo sviluppo delle linee di prodotti a marchio Coop (che costano almeno il 30/40% meno dei corrispondenti prodotti di grande marca) e dei servizi collaterali alla vendita di beni di largo consumo. «Se consideriamo il volume d'affari aggregato dei prodotti a marchio Coop siamo ormai tra i top five del mercato – commenta Tassinari–.

I prodotti Coop sviluppano un volume di ricavi alla vendita pari a 2,7 miliardi di euro e rappresentano il 25,7% delle vendite grocery e vengono realizzati da oltre 300 imprese industriali e 10mila realtà agricole. Continueremo a investire e vogliamo portare la quota almeno al 30%». Tassinari ricorda poi gli investimenti nei farmaci da banco a marchio Coop e nella telefonia mobile (500mila le schede vendute).

Tra i vertici Coop l'attenzione resta però massima per i segnali preoccupanti del mercato. «Tra le famiglie c'è molto disorientamento, per questo motivo sarebbe opportuno che dal governo arrivasse un segnale forte per il rilancio dei consumi – propone Tassinari –. C'è un tavolo aperto tra catene distributive e gruppi industriali. Le stime sono pesanti, servono interventi urgenti».

E il top manager Coop mostra i risultati dei ultimi sondaggi ricordando che «tra 2008 e 2009 c'è già stata una flessione struttuale della spesa delle famiglie intorno al 6,3% dovuta per almeno 3,3 punti al ridimensionamento (downgrading) del carrello medio e per la parte restante, circa tre punti, al taglio delle quantità di prodotti acquistati». «È evidente – conclude Tassinari – che il clima di fiducia delle famiglie sta peggiorando, da qualche mese a questa parte, nonostante i prezzi siano in discesa in diversi comparti, trainati dai vistosi ribassi di carni e ortofrutta tra il 4 e il 5%».

Cambia lo stile di acquisto, il barometro Coop segnala che tra le famiglie cala la propensione al consumo di carne, mentre risulta in ripresa per l'ortofrutta. In lieve recupero i comparti dei beni di consumo non alimentari trainato dall'effetto stagionalità (abbigliamento).

«Le maggiori difficoltà – conclude Tassinari – sono avvertite dalle famiglie di condizione economica medio-bassa, per le quali il livello di preoccupazione per lo scenario personale ed economico è ai massimi, mentre per gli altri segmenti sociali il recupero di fiducia di qualche tempo fa si è smorzato».

I NUMERI

12,8
Fatturato
In miliardi di euro il giro d'affari del gruppo distributivo Coop nel 2009; per l'anno in corso è previsto il superamento della quota dei 13 miliardi di ricavi, con un aumento del 2% circa

57mila
Addetti
I posti di lavoro nell'ambito del sistema Coop, con il piano di sviluppo al 2012 gli occupati dovrebbero superare quota 60mila

18,1
Quota di mercato
Stima in percentuale, rispetto all'anno scorso l'incremento si attesta su 0,3 punti

1.446
Punti vendita
I negozi complessivi del sistema Coop , entro il 2012 verranno realizzati altri 55 nuovi punti vendita.

17 giugno 2010

Vincenzo Chierchia


Il Sole 24 Ore

16 giugno 2010

UNICOOP FIRENZE MARCIA SU ROMA



Unicoop «espatria» a Roma




L' operazione è di quelle che passano inosservate. Perché è abbastanza normale che un gruppo leader nella grande distribuzione compri qualche supermarket. Però l' ultima mossa dell' Unicoop Firenze, la società guidata da Turiddo Campaini, è uno shopping di un certo livello.

Ma soprattutto segna l' «espatrio» della più grande cooperativa di consumatori d' Italia, per soci (oltre 1 milione), vendite (2,2 miliardi di euro) e dipendenti (7.644). Espatrio perché per la prima volta Unicoop esce dai confini della Toscana, dove gestisce 6 Ipercoop, 41 super (marchio Coop), 39 piccoli super e 12 negozi tradizionali.

Nella Capitale ha comprato infatti un «pacchetto» di 14 esercizi commerciali del gruppo Luciani, riuniti per l' occasione in una newco. Il tutto «vale» 114 milioni di fatturato. Per adesso Unicoop non li gestirà direttamente, ma lo farà la newco e con insegna diversa da Coop.

Oggi le insegne sono Gs e DiperDì. I supermercati (più un iper), hanno metrature tra i 2.500 e i 400 metri quadrati e sono tutti concentrati in città a Roma e nella prima periferia (Parioli, Nizza, Aurelia, Cortina, ecc.) tranne uno a Ostia e un altro a Marino. L' accordo con la famiglia Luciani prevede anche un patto di non concorrenza in base al quale gli ex proprietari non potranno gestire attività simili nel Lazio per due anni.

M.Ger.

9 giugno 2010

Il Corriere della Sera

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Dopo la disastrosa disavventura in Campania vissuta insieme ad Unicoop Tirreno sotto l'effige del cosidetto Distretto Tirrenico e relativa fuga, Unicoop Firenze, trova uno sbocco all'enorme liquidità che gestisce scegliendo stavolta la zona di Roma.
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Certo, era diventato comico vedere unicoop FI che faceva concorrenza a se stessa, non sapendo dove e come investire e costruendo ipermercati e negozi vari accanto ad altri esistenti di sua proprietà. Si arriva così a delle situazioni davvero assurde da un punto di vista commerciale, come ad esempio, quella che si profilerà nell'area Ponte a Greve-Scandicci-Lastra a Signa.

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Unicoop, dopo aver ottenuto in quelle zone tutte le licenze possibili ed immaginabili dalle
comprensive amministrazioni locali, si troverà, con l'apertura del centro commerciale di Pontignale a dover declassare a supermercato riducendo la superficie l'attuale ipermercato di Lastra a Signa e dovrà anche ridimensionare il recente negozio di Ponte a Greve, ridimensionando la cubatura e destinando l'eccedenza a locazione. Ma di situazioni simili, ce ne sono altre.
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Insomma il problema di Unicoop Firenze degli ultimi anni è quello della crescita. La toscana è satura, anzi Unicoop si pesta i piedi, a nord non c'è spazio, a sud è andata a buca; diventa dura trovare locazioni per nuovi supermercati. All'estero? Bisognerebbe puntare sull'est, come hanno fatto le più azzardanti Coop Adriatica ed Unicoop Tirreno, tramite la controllata quotata IGD insieme a Carrefour in Romania, ma pare che le cose non siano andate troppo bene e che stiano riducendo il loro impegno.

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Allora la zona di Roma, ma molto cautamente. Unicoop non gestisce direttamente i negozi, ma tramite una nuova società, neanche ci mette la propria insegna. Insomma, l'esperienza campana brucia ancora, meglio non metterci il nome.


I negozi interessati dovrebbero essere i seguenti:

Parioli, Ostia, Tevere, Cervialto, Riposo, Fonteiana, Aurelia, Due Ponti, Marino, Barrili, Cortina, Torresina, Nizza e Torrino.

11 giugno 2010

I TEMPI STANNO CAMBIANDO

Ipercoop di Bonola (Coop Lombardia) condannata ad operare trattenute sindacali in favore di SdL intercategoriale
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SdL ricorre all'art. 28/300 per condotta antisindacale di Ipercoop Bonola e il tribunale del lavoro di Milano gli da ragione (Vedi articolo dopo il commento del blog).


La notizia non è fresca. Quello che c'è di fresco e' un'aria nuova che si sente spirare nei negozi e nei magazzini di Coop. Dopo anni di egemonia sindacale filo aziendale di Cgil-Filcams, Cisl-Fisascat e Uil-Uiltucs, insomma i soliti tre noti che da sempre hanno favorito Coop a discapito dei lavoratori, spesso anche loro iscritti (sic), un nuovo soggetto sindacale si sta incuneando e prende sempre più campo in questa situazione di abbandono dei lavoratori e dei loro diritti.

Ai falsi sindacalisti che hanno firmato tanti accordi-truffa in nome dei lavoratori e pro Coop: Attenzione! Il vento sta cambiando. E molto rapidamente.

Facili previsioni:
I sindacati gialli sopra citati perderanno altre tessere (ma ne avete ancora o Coop vi paga il disturbo?);
La Coop si troverà a scontrarsi come mai era abituata a fare.

La diffida dei magazzini Unicoop Firenze nei confronti dei sindacati, non è che l'inizio. I tempi stanno cambiando.

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L’ipercoop di Bonola, da mesi si rifiutava di operare le cessioni di credito richieste da numerosi dipendenti in favore di SdL intercategoriale. Nonostante i solleciti l’azienda ha continuato a negare il diritto dei lavoratori a scegliere il sindacato a cui iscriversi. Un sindacato, SdL intercategoriale, ritenuto “scomodo” ...ma sarebbe veramente il colmo che in un paese cosiddetto democratico i lavoratori potessero iscriversi solo ai sindacati che fanno “comodo” all’azienda!

E tuttavia, per far valere un diritto apparentemente scontato, i lavoratori hanno dovuto ricorrere (ai sensi dell’ex art. 28 S.L. ) contro l’azienda attraverso lo studio legale di SdL intercategoriale di Milano.
La sentenza, decisa lo scorso 18 aprile ma resa nota solo in data odierna, condanna la Coop per condotta antisindacale. Il giudice ha infatti ritenuto che tale condotta fosse " oggettivamente idonea a limitare l'esercizio dell'attività e dell'iniziativa sindacale. L'effetto del rifiuto é quello di privare i sindacati che non hanno stipulato contratti collettivi della possibilità di percepire con regolarità la fonte primaria di sostentamento per lo svolgimento della loro attività e posti in una situazione di debolezza, non solo nei confronti del datore di lavoro, ma anche delle altre organizzazioni sindacali con cui sono in concorrenza".

Il Tribunale del lavoro di Milano quindi, oltre ad ordinare alla Coop di effettuare le cessioni di credito mensili in favore di SdL intercategoriale, ha anche disposto l'affissione del decreto ex art. 28 S.L. "nelle bacheche aziendali esistenti agli ingressi e nei reparti dell'ipercoop Bonola per un periodo non inferiore a 30 giorni"!

Una sentenza che fa il paio con quella emessa lo scorso 5 febbraio dal Tribunale del lavoro di Livorno, sempre contro la grande azienda di distribuzione cooperativa, sempre per attività antisindacale. In quel caso la Coop che gestisce il grande magazzino "Fonti del Corallo" di Livorno si era rifiutata di consegnare alla commissione elettorale l'elenco dei lavoratori aventi diritto al voto e di consentire così l’elezione della RSU. Elezioni che si sono regolarmente tenute a marzo e che hanno visto una straordinaria partecipazione dei dipendenti, di gran lunga superiore al quorum richiesto, nonostante la presenza di una sola lista, quella di SdL intercategoriale. Gli altri sindacati non hanno presentato la lista puntando sul ... mancato raggiungimento del quorum!
Anche all’ipercoop di Bonola i lavoratori hanno chiesto di poter votare i propri rappresentanti ma anche qui l’azienda si sta opponendo.
Anche qui come a Livorno SdL intercategoriale presenterà a breve ricorso per garantire ai lavoratori di scegliere la propria rappresentanza unitaria.

E’ proprio il caso di dirlo… città che vai .. Coop antisindacale che trovi!
Altro che la Coop sei tu! The time they are a changin' (Bob Dylan)

30 aprile 2010

SdL Intercategoriale


The times they are a-changin' (Bob Dylan)